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Confcommercio su emergenza Coronavirus: settimana cruciale per le riaperture

Da Palazzo Chigi filtra la disponibilità ad anticipare a fine mese qualche riapertura, a patto che nei prossimi giorni si confermi la tendenza al miglioramento della situazione epidemiologica. L’ipotesi privilegiata è il ritorno delle zone gialle. Infuria la polemica politica.

La situazione epidemiologica migliora, anche se molto lentamente. E se la tendenza verrà confermata nei prossimi giorni il governo è pronto ad autorizzare qualche riapertura prima della data canonica del 30 aprile (la scadenza del decreto anticoronavirus attualmente in vigore, ndr). A fine mese, insomma, potrebbero essere di ritorno le zone gialle (Lazio, Veneto, Marche e Molise hanno già dati compatibili), con la conseguente apertura dei ristoranti, almeno a pranzo, ma anche di musei, cinema e teatri, con ingressi contingentati. Per ora, è bene specificarlo, nessuna decisione è stata presa né è stata convocata la cabina di regia per discutere le scelte da fare.

In attesa che venga decisa la data del confronto tra le forze politiche, un elemento è comunque chiaro: se si deciderà di riaprire, saranno fatte scelte “selettive e ponderate”, come ha ribadito il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Tradotto in parole povere, la maggior parte delle attività che sono chiuse dovrà attendere comunque maggio. “Guai se pensassimo di essere fuori dal problema. Ci ritroveremmo nella situazione di metà marzo avendo vanificato settimane di sacrifici”, ha ammonito Locatelli. Per il prossimo mese, come sostenuto dal sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, è poi ipotizzabile l’apertura dei ristoranti anche la sera“torneremo con i colori nelle regioni, compreso il giallo. I ristoranti possono aprire da maggio e a metà del mese anche a cena”, ha detto.

Infuria la polemica politica

Da una parte c’è chi, come Matteo Salvini, dice che “laddove la situazione sanitaria è sotto controllo bisogna riaprire già da domani”. Dall’altra chi, come Enrico Letta, per il quale “dobbiamo mettere la parola fine al ‘toto data’. Questo scontro sulle date non fa bene a nessuno, un politico che dà date dà i numeri al lotto”. Per il segretario del Pd “il tema è dire quando e a quali condizioni si riaprirà: sono due le condizioni chiave: aver vaccinato tutti gli over 60 e avere un tasso di contagio attorno o sotto i 50 ogni 100mila abitanti per sette giorni di fila. Si riaprirà il giorno in cui questi due elementi saranno sicuri”. Sulla stessa linea il ministro della Salute, Roberto Speranza: “ad aprile conviene tenere ancora la massima prudenza. A maggio, a seconda dei parametri del contagio e della capacità di vaccinare i fragili ci possono essere le condizioni per misure meno restrittive come quelle della zona gialla. Però voglio essere chiaro: dobbiamo avere grande cautela e prudenza. Continuare con un percorso di gradualità”. A spingere su un piano di riaperture ci sono però anche le Regioni. Il neo presidente della Conferenza delle Regioni, il leghista Massimiliano Fedriga, spiega che sono allo studio delle linee guida, perché “riaprire serve non solo a tutelare l’economia o il lavoro, ma la salute”. Anche Forza Italia ritiene sia necessario prevedere riaperture programmate in sicurezza e con il ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, indica nel mese di maggio la data possibile: “il 20 aprile ci sarà un punto in Consiglio dei ministri per valutare la possibilità, sulla base dei contagi e dell’andamento del piano vaccinale, di qualche segnale di apertura già ad aprile, ma maggio sarà il mese della ripartenza”.

Draghi: “nessuna data certa per le riaperture”

Per le riaperture una data non c’è, dipenderà dall’andamento della campagna di vaccinazione. In conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier, Mario Draghi, lo ha detto chiaro e tondo confermando quanto da giorni filtrava dalla sede dell’esecutivo. L’ex presidente della Bce lo aveva appena ribadito al leader della Lega, Matteo Salvini, al termine del quale quest’ultimo aveva comunque aperto uno spiraglio (“non si può vivere in rosso a vita. In base ai dati ci sono almeno sei regioni italiane in cui si potrebbe riaprire. Conto che si possa fare in aprile”).

Draghi, in ogni modo, trova “normale chiedere le riaperture, sono la miglior forme di sostegno”, ma appunto per valutarne la possibilità “inseriremo il parametro delle vaccinazioni per le categorie a rischio”. E si guarderà anche all’andamento nelle singole regioni per valutare un allentamento della stretta: “è chiaro che nelle regioni che sono più avanti nelle vaccinazioni ai più fragili  e vulnerabili sarà più facile riaprire“.

Per quanto riguarda il turismo, il presidente del Consiglio ha di fatto avallato l’auspicio del ministro Garavaglia per la riapertura al 2 giugno (vedi più in basso, ndr)“è la nostra festa nazionale e potrebbe essere una data delle riaperture per noi”. “Garavaglia dice a giugno. Speriamo, magari anche prima, chi lo sa. Non diamo per abbandonata la stagione turistica, tutt’altro”, ha aggiunto. Intanto, in vista della stagione turistica estiva, prende piede la proposta di rendere le isole “covid free”, come sta facendo la Grecia. Garavaglia è d’accordo (“possiamo farlo”) e con lui i presidenti di Sardegna e Sicilia, Christian Solinas e Nello Musumeci, che chiedono a Draghi di “avere il coraggio” di andare oltre la proposta di vaccinazione delle sole isole minori e puntare a immunizzare con il vaccino l’intera popolazione delle due isole più grandi isole del Mediterraneo e “a spiccata vocazione turistica”, che “possono garantire numeri importanti per la ripresa dell’economia nazionale”. Si tratta comunque di un’ipotesi destinata a non prendere corpo, sai per la protesta delle altre Regioni, sia per il fatto che l’ultima ordinanza, che prevede come categorie prioritarie da vaccinare quelle degli over 80 e dei fragili, ha valenza nazionale e non prevede eccezioni.

Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha parlato invece del passaporto vaccinale, una possibilità allo studio del governo, come hanno fatto altri Paesi, per attrarre i turisti. “Lavoriamo – ha detto – a un ‘green pass’ con tre condizioni, il vaccino, avere avuto il Covid e il tampone negativo. Non è discriminatorio e da noi esiste già in Sardegna”.

Il “balletto” delle date, 20 e 30 aprile

Gli scontri di piazza avvenuti qualche giorno fa a Roma non cambiano sostanzialmente il quadro d’insieme: nonostante il pressing delle forze politiche di centrodestra, che chiedono legittimamente un calendario delle riaperture con date certe sicure e per dare certezze ai settori e agli operatori economici più in crisi, bisognerà attendere comunque il 30 aprile. Ovvero, la data prevista dal decreto con le misure anti Covid attualmente in vigore. Questo perché i dati non consentono ancora allentamenti, come dimostra ad esempio la situazione di Palermo dove il sindaco ho dovuto chiedere alla Regione di instaurare la zona rossa (fino al 14 aprile) dopo aver superato un’incidenza di 275 casi ogni 100mila abitanti.

In ogni caso, se ne è parlato anche al “tavolo” tra Governo e Regioni. “È il momento di riprogrammare le riaperture dei prossimi mesi, solo così il Paese sarà pronto a ripartire dove il virus lo consentirà”, ha detto il presidente della Liguria, Giovanni Toti, appoggiato dal “collega” dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, per il quale “se dopo il 20 aprile i numeri saranno migliori perché non aprire qualche attività?”. Data ribadita dalla ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini: “delle riapertura da maggio ci saranno, forse qualcosa anche dal 20 aprile”.

Per il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, comunque, “dal 20 aprile potremmo porci la domanda se anticipare le riaperture o far scivolare tutto ai primi di maggio. Se i numeri miglioreranno, e penso di sì, potremmo fare una scaletta partendo da quelle attività che possono farlo in sicurezza”.

Garavaglia: “presto date certe per la ripartenza del turismo”

“È fondamentale dare date certe, perché ogni giorno che passa perdiamo potenziali clienti. Penso che nel giro di qualche giorno saremo in grado di dare date certe”. Così il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, che nel corso di un incontro alla Stampa estera, alla domanda “Quando riapriranno gli alberghi?” ha risposto che “l’anno scorso abbiamo aperto a metà maggio, non vedo perché non possa essere così anche quest’anno”. Mentre per la ripresa del turismo estero, “non sono in grado di dare una risposta certa sulle date – ha ammesso – però in Francia Macron dice che il 14 luglio apriranno tutto, noi abbiamo il 2 giugno come festa nazionale e speriamo che sia la data giusta“.

Parole, queste, apprezzate dal presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, per il quale “le parole del ministro sono sacrosante. Un albergo non è come un negozio o un bar che da un giorno all’altro riapre, un albergo ha bisogno di programmazione: deve accettare le prenotazioni, fare campagne sui Paesi italiani e stranieri, inserire le date sui portali. Non esiste settore come il nostro che abbia bisogno di programmazione”.

Confturismo: “il 2 giugno è troppo tardi”

“Dateci una data, ma non il 2 giugno: sarebbe troppo tardi”. È la posizione di Confturismo, il cui vicepresidente Marco Michielli spiega che la data giusta, già indicata dal ministro Garavaglia, sarebbe quella del 15 maggio, “la stessa della Grecia, in coincidenza con la Pentecoste, che rappresenta il primo grande afflusso di turisti del Nord Europa nel nostro Paese. Spostare tutto al 2 giugno ci farebbe andare oltre la Pentecoste, che è da sempre il viatico di una buona stagione ovunque”. Per questo Confturismo chiede al responsabile del Turismo, “comprendendo le sue difficoltà”, di “dialogare con il collega alla Sanità per poter uscire ufficialmente con la data del 15 maggio: a quel punto la clientela tedesca potrà prenotare e arrivare nelle nostre località, considerato che le ferie non si possono fissare all’ultimo momento”.

Agis: “l’obbligo di tampone per il pubblico sarebbe discriminante”

Obbligare gli spettatori a presentare un tampone effettuato almeno 48 prima per accedere a un evento sarebbe “un elemento di discriminazione sociale, oltre che un ulteriore disincentivo alla partecipazione”. Lo sostiene l‘Associazione generale dello spettacolo (Agis-Confcommercio) commentando alcune ipotesi circolate sulla riapertura dei luoghi di spettacolo, che prevedono anche l’obbligo di utilizzo di mascherine Ffp2 e un numero massimo di spettatori ammessi.

A quest’ultimo proposito l’Associazione sottolinea che non si può “in alcun modo ipotizzare una capienza fissa che non tenga in considerazione la reale dimensione della sala” e ribadisce la proposta di “un limite massimo di capienza calcolato detraendo dal numero dei posti autorizzati dalla Commissione di Vigilanza quelli necessari a garantire il distanziamento di almeno un metro tra le rime buccali”, fermo restando che “non sono tenuti all’obbligo del distanziamento interpersonale i componenti dello stesso nucleo familiare o conviventi o le persone che in base alle disposizioni vigenti non sono soggette a tali disposizioni”.

Quanto alle mascherine Ffp2, Agis  si dice d’accordo concorda con “la possibilità del loro utilizzo e distribuzione, ma a patto che questa ulteriore restrizione sia funzionale ad un aumento della capienza delle sale, restando fermo che sarà necessario un sostegno economico che possa contenere l’eventuale aggravio di costo per i gestori, qualora dovessero essere loro a fornirle”.

 

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