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Decreto Covid-ter “Cura Italia”: un punto di partenza, ma non la soluzione

Le soluzioni che il Governo nazionale ha elaborato per il contenimento delle conseguenze dannose che l’emergenza sanitaria in atto sta arrecando all’economia Italiana sono da considerarsi come un punto di partenza, ma sono necessari maggiori sforzi per fornire adeguate soluzioni alle necessità delle nostre imprese.

Tutti i provvedimenti, inseriti nel decreto Covid-ter, necessitano di essere integrati ed estesi, soprattutto in riferimento ai soggetti cui gli stessi si rivolgono.

Per quanto attiene le misure in favore dei lavoratori autonomi, agli occhi dei più le stesse appaiono esigue e non risolutive: l’indennità “una tantum” di 600 euro per il mese di marzo è, infatti, evidentemente irrisoria e limitatissima nel tempo; non si comprende, d’altronde, quale ragionamento abbia fatto il Governo nella sua previsione, dal momento che detta cifra non solo non si avvicina allo stipendio medio di un dipendente pubblico, ma addirittura la si potrebbe non preferire rispetto al reddito di cittadinanza.

Il rinvio delle scadenze fiscali e contributive andrebbe necessariamente affiancato da una moratoria più ampia e inclusiva.

Non possiamo apprezzare appieno neanche le misure a sostegno della liquidità dal momento che nel nostro territorio non valgono sic et simpliciter le forme di facilitazione previste, anzi, sicuramente per le nostre imprese questa potrebbe tramutarsi, viste le pastoie dei rating e data anche una preesistente e perdurante difficoltà economica, nell’ennesima inarrivabile chimera. Dichiara il presidente Falbo: “Parliamoci chiaramente, soprattutto alle nostre latitudini, il commerciante acquista la merce emettendo titoli a scadenza, ma, se l’esercente ha l’attività chiusa e non incassa, con quali proventi onorerà i pagamenti? La responsabilità per titoli impagati, per colpa della chiusura delle aziende, ricadrà sul titolare che, suo malgrado, avrà conseguenze gravissime, per sé e per l’impresa che dirige”.

La stessa apertura universalistica degli strumenti di cassa integrazione e del fondo di integrazione salariale poi, non potrà essere resa effettiva se non si semplificano le procedure di accesso a tali strumenti; ciò vale in Calabria più che in ogni altra regione italiana, essendo la crisi del mercato del lavoro importante e profonda.

L’appello che rivolgiamo come Confcommercio Calabria Centrale è quello di evitare di dividere questo paese in attività economiche di serie A e di serie B e di adottare misure maggiormente inclusive e soddisfacenti nei confronti degli operatori economici, artigiani, piccoli commercianti, lavoratori autonomi, che oggi si sentono messi da parte, nonostante rappresentino le categorie che maggiormente si stanno sacrificando per il bene collettivo. L’auspicio è quello che nel prossimo decreto di aprile si tenga conto in modo importante delle nostre categorie.

Il rischio in caso contrario è quello di perdere per sempre queste realtà e con loro la nostra identità economica, fatta per lo più di piccole realtà imprenditoriali.

Non sappiamo quanto durerà questa crisi sanitaria e possiamo solo immaginare quanto saranno negative le conseguenze sulle economie se non si agisce subito, in maniera decisa e lungimirante e senza escludere nessuno.

Non dimentichiamo i nostri imprenditori, cui rivolgiamo un sentito ringraziamento; sono loro che continuando a fornire servizi essenziali, chiudendo le loro vetrine per garantire la sicurezza del prossimo o contribuendo con donazioni alla sanità ci dimostrano una tenacia ed un amore per questo territorio da cui possiamo solo prendere esempio.

Presidente Confcommercio Calabria Centrale – Area Territoriale di Catanzaro
Pietro Falbo

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